Curiosità sul medio evo
IL PRANZO E IL BANCHETTO MEDIEVALI
A tavola la sedia del signore era la piu elevata, gli altri erano seduti su sgabelli. Si usavano vassoi d' argento e coppe d' oro, arrivavano in tavola interi cinghialetti arrostiti, frittate di centinaia di uova, enormi brocche di vino, fruttiere ricolme.
In pieno Medioevo apparve uno strumento nuovo che impiegò molto tempo a conquistare le tavole di tutto il continente"LA FORCHETTA".
Per molto tempo, però, fu usata soltanto dalle dame più nobili poichè per gli uomini era un segno di debolezza.
Per pulirsi le mani c'erano diversi metodi, a seconda della raffinatezza, dell'ambiente e dell'epoca: si potevano strofinare con noncuranza sul mantello dei cani che girovagavano numerosi attendendo gli ossi, o si potevano lavare delicatamente con acqua di rose, o tergere su tovaglie di lino, che certo uscivano malconce dallo schizzare dei sughi.
Dimenticare di offrire l'acqua di rose era considerato un'offesa, come del resto rifiutarla. C'era tutta una serie di regole da seguire, nei banchetti, tra cui "non sputare sul desco, tenere le unghie sempre "nette e piacenti", e infine - dopo essersi soffiati il naso - pulirsi le dita non sulla tovaglia ma nella propria veste.
Sempre per pulirsi le mani, c'era anche un'altra soluzione, molto diffusa e graditissima ai poveri: si mangiava su... tovaglie di pane, cioe` sopra uno strato di pasta sottile, rettangolare, una specie di "pizza", sulla quale ogni convitato tagliava la carne, lasciava colare il sugo, pulendosi poi le mani con un po' di mollica intatta; quel che restava di queste "tovaglie" veniva dato ai poveri che aspettavano alla porta.
PANE E COMPANANTICO
Per tutto il Medioevo sulle mense dei Senesi il pane aveva il primo posto; al pane si accompagnava un ridotto seguito di companatici, il che contribuiva ad accrescere ulteriormente l'importanza del principale alimento.
La nostra civiltà ha attribuito al pane il ruolo di principale garante della sopravvivenza, di provvidenziale scudo contro la fame.
I "buoni uomini" dei Ceppi elargivano farina e pane ai Senesi indigenti, per prima cosa garantivano ai beneficiati qualche giorno di minor preoccupazione: era così che si assicurava la tranquillità in occasione delle ricorrenze e negli altri frangenti in cui la fame di molti poteva rappresentare una fonte di grave turbamento.
In questo Medioevo, quando si parla di carestia si deve intendere carestia di cereali: di tutto il resto si poteva anche fare a meno.
La classifica per genere della carne più consumata vede al primo posto l'ovo caprina, e in particolare quella di castrone, seguita a poca distanza da quella suina (in realtà è probabile che le sopravanzasse, se si tiene conto che l'allevamento del porco per l'autoconsumo domestico - sfuggente alla gabella - era pratica diffusa) e poi da quella bovina. La classifica del pregio poneva ovviamente al primo posto la vitella, e poi il castrone, l'arista, e quindi la carne di bue adulto.
Al tempo della grande fiera di settembre, si consumava carne di ovini adulti e di vitelli, dicembre e gennaio erano caratterizzati da un notevole afflusso sul mercato di carne suina e anche bovina.
Cibi dei ricchi e cibi dei poveri si differenziavano insomma in maniera notevole, non solo per quantità ma anche per qualità e per elaborazione, e l'arco della differenza dovette tendere a divenire più ampio nel corso del tardo Medioevo; pasti da "lavoratori": di pane, di vino, carne (presumibilmente "salata") era composto il desinare consueto di un maestro muratore e dei suoi manovali; insalata, cipolle e cacio costituivano il pasto offerto ai battitori del grano; cavolo e aringhe fece preparare Lapo Mazzei (Castellina in Chianti) per due uomini venuti da Firenze a compiere certi lavori nel suo podere di Grignano.
CACCIA E PESCA
Restrizioni nella caccia, riserve venatorie, protezione di alcune specie, esistevano anche nel Medioevo e dimostrano fino a che punto gli uomini riuscissero a minacciare l'equilibrio ambientale.
Queste restrizioni riguardavano solo i paesi densamente abitati con vaste coltivazioni come L'Inghilterra, mentre nei paesi come la Spagna e nell' Europa orientale non esistevano.
Nell' Europa settentrionale, oltre alle zone coltivate, si trovavano molte foreste ampie che costituivano una fonte di risorse quasi inesauribile, prima fra tutte la legna.
Anche i contadini sfruttavano le risorse della foresta raccogliendo bacche, miele, erbe, da cui estraevano sostanze chimiche a loro utili (ad esempio per conciare le pelli o fabbricare il sapone). La foresta era anche piena di animali veloci che venivano cacciati come selvaggina più o meno pregiata, d'altronde l' approvvigionamento di carne era ottenuto soprattutto dalla caccia.
A poco a poco le grandi riserve incominciarono pero`a impoverirsi.
La diminuzione della selvaggina indusse all' allevamento di animali da macello e a fissare prezzi per licenze di caccia.
Così la caccia si trasformò progressivamente in uno sport per pochi riservato a quanti potevano affrontarne le spese, quindi cessò di rappresentare il naturale sistema di procurarsi il cibo da parte degli abitanti delle campagne.
Anche la pesca era molto importante per la popolazione medioevale: in particolare nei mari settentrionali la pesca e la preparazione di altri pesci salati e affumicati costituivano un ottimo guadagno per pescatori e commercianti. Spingendosi verso nord i marinai cacciavano pesci di grande taglia (balene, capodogli e trichechi) per la loro pelle, il loro grasso, le loro zanne. Sulla terra ferma si pescava in fiumi e vivai appositamente realizzati.
Il pesce è sempre stato una sorpresa perchè, anche se le città facevano molti sforzi per organizzare il mercato, la pesca restava pur sempre incerta, la freschezza precaria e i trasporti difficili.
Alla chiusura del mercato del Venerdì, i poveri recuperavano i pesci invenduti che gli venivano lanciati dai proprietari dei banchi che per legge glielo dovevano dare per evitare che al prossimo mercato potesse essere rivenduto il pesce avanzato al mercato precedente. Probabilmente in campagna (quelle lontane dalla riva del mare) non si conosceva il pesce di acqua salata.
Dunque il pesce, benche` sinonimo di penitenza, era anche gola, perché l'incertezza di poterselo procurare rinfocolava il desiderio di averlo.
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IL BERE NEL MEDIOEVO
Apprezzato già al tempo dei greci e dei romani, il vino
assume nel medioevo un ruolo centrale nella società.
Bere vino è consuetudine di ogni classe sociale, consigliato
dai medici poiché "Fa buon sangue", abusato
durante i banchetti e responsabile delle sbronze serali nelle
osterie.
Quel che cambia nelle diverse gerarchie sociali è la
qualità della bevanda; generalmente ai nobili è
riservato il vino di prima spremitura, bianco, rosso o rosato
fa poca differenza, l'importante è la fragranza e la
leggerezza.
Al contrario tra le classi sociali di rango inferiore viene
consumato il cosiddetto vino nero, forte, nutriente e soprattutto
meno caro, utile molte volte a provocare ubriacature a causa
dell'alta gradazione. Generalmente quest'ultimo tipo di bevande
viene consigliato alle persone anziane poiché inibisce
i pensieri e le preoccupazioni dell'età, mentre ai giovani
viene suggerito di allungare il nettare con dell'acqua.
In penisola, al contrario di quanto avveniva in altri stati
europei, il vino consumato era solitamente quello auto prodotto,
le importazioni, secondo gli studi, risultano avere percentuali
ridotte, grazie alla qualità delle vigne che garantivano
una buona resa qualitativa e quantitativa, e anche perché
il vino d'importazione era particolarmente caro e quindi riservato
a pochi. Tra i più richiesti troviamo nel XIV secolo
il Saint-Pourcain, vino della regione francese dell'Alvernia,
mentre ad avere la meglio durante il corso del XIII secolo furono
i vini provenienti dalle regioni dell'Ile-de-France, La Rochelle,
Auxerre. Nella nostra penisola molto apprezzati furono i vini
liquorosi e molto cari delle regioni di Creta, di Tiro e di
Cipro, aromatizzati in alcuni casi con delle spezie pregiate.
Non considerata nel medioevo, l'arte di abbinare il vino con
gli alimenti, virtù coltivata nei secoli successivi,
permette di comprendere come i sapori della cucina medievale
siano alterati dalle fragranze originarie, a causa dell'utilizzo
delle spezie e dall'incoerente accostamento dei vini, scelti
non tenendo quasi mai in considerazione le portate servite a
tavola
GIOCARE NEL MEDIOEVO
Uno dei giochi oggettivamente più difficili a livello
mentale, è sicuramente quello degli scacchi, un intrattenimento
che nel medioevo (così come in quelli rinascimentali)
occupò una rilevante posizione nella scala gerarchica
degli intrattenimenti mondani. Le testimonianze relative a questo
gioco si moltiplicano a partire dagli anni successivi al 1100,
grazie al contributo della letteratura e dell'archeologia; numerosi
sono i ritrovamenti dei pezzi del gioco nella penisola, così
come numerose risultano essere le citazioni a riguardo. Il lungo
elenco che spazia da San Bernardino da Siena, il quale vieta
espressamente ai crociati nel XII secolo di intrattenersi con
gli scacchi e i dadi, a trattatisti e commentatori come Gregorio
Comanini, che scrive molto a riguardo, testimonia la passione
per questo che per molti ai nostri giorni rappresenta un piacevole
hobby.
I cronisti dell'epoca tendono ad attribuire all'ideatore
degli scacchi, la volontà di riproporre su scala ridotta
l'immagine e l'imitazione della guerra, attraverso l'utilizzo
di elementi che ricordano proprio il campo di battaglia; dalla
scacchiera bicolore, che nasconde un significato legato alla
simbologia militare, utilizzata per discernere i due eserciti
schierati sul campo, alle pedine, le quali si differenziano
oltre che dal ruolo, anche dal significato che ad esse viene
attribuito. Secondo Eliano:
i pedoni schierati in una fila di otto elementi, rappresentano
i fanti; mentre agli alfieri viene attribuito il ruolo riservato
in battaglia agli arcieri, schierati di traverso nello scacchiere,
pronti a colpire fin nel cuore delle difese avversarie.
La caratteristica mossa "ad elle" dei cavalli ( il
salto), è invece legata all'utilizzo della cavalleria
ed ai repentini spostamenti di cui gode. Simbolico risulta essere
anche il ruolo della torre, richiamante le piccole costruzioni
aventi una struttura "a torre", posizionata sul dorso
degli elefanti utilizzati in alcune battaglie. Sempre secondo
lo scrittore greco, un posto di riguardo spetta nello scacchiere
ai due pezzi cruciali: il re e la regina. Simbolo di prudenza
e di saggezza, il primo si muove consapevole di poter determinare,
con la propria sorte, la vittoria o la sconfitta del proprio
esercito; mentre la regina, simbolo della fortuna che accompagna
il re nel corso della partita( per questo posizionata accanto
al sovrano), gode, proprio per ciò che rappresenta, della
più ampia libertà di movimento. Nel medioevo le
partite a scacchi, diversamente da quanto avviene oggi, risultavano
alterate nella strategia, essendo i giocatori concentrati a
sfidarsi esclusivamente sullo "scacco matto" e non
curanti del ruolo delle pedine minori, che venivano perse senza
molto fastidio.